"Aura in Visibile.2"
"Ouverture Alcina"
"Traviata"
"Concerto
Sagra Malatestiana 2007"
"Live"
"La Mano"
"Escorial,Tupac Amaru, Exsultet"
"Requiem"
"L'isola di Alcina"
"Macchine
virtuose"
"Aleph con zero"
"Anihccam"
"Incontro
con Rama"
AURA IN VISIBILE.2
Di cose ne succedono alla Biennale Musica n. 55. Nello stentato affollarsi di opere tediose e scolastiche. Certo, bisogna saper cercare. Ecco un continuum sonoro con dentro ininterrotte variazioni molecolari, le due corde stimolate dagli eccitatori di vibrazioni, da questi dispositivi tecnologici, reagiscono con simpatia, ed è una simpatia espansa perchè anche le altre corde, non collegate direttamente, reagiscono e partecipano. Sono le corde di un pianoforte adagiato nell'ingresso di ca' Giustinian, ventre aperto e nient'altro. E chi ha pensato di eccitare quelle corde è un compositore di gran classe e inventiva che si chiama Luigi Ceccarelli. Il lavoro si chiama Aura in Visibile.2.
Il bello è che in certi momenti questo flusso di suono tenuto, un po' ruvido ma con un che di dolce e malinconico, viene aggredito da vibrazioni forti e brevi, modulate a loro volta in una sorta di itinerario melodico. Poi il suono (ma sono più suoni unificati) diventa un cupo morbido e "pulito" suono sul grave assoluto, e sempre c'è questa aura di struggimento, di proiezione intensa/dolorosa sullo spazio interno/esterno. Gran bel pezzo che rientra a buon diritto nel novero della musica elettronica, artificiale, anche se si vede un vecchio pianoforte che suona per conto suo.
(Mario Gamba - Il Manifesto 30 settembre 2011)
OUVERTURE ALCINA
New York City (USA) P.S. 122 (see Off-Off Broadway)
Ouverture Alcina, un recitativo spaventoso e ipnotico, gratta un prurito davvero preciso. Per esempio, siete dei fan degli allestimenti minimalisti, ma con attrici istrioniche? Amate l’opera – ma avete un desiderio segreto di ascoltarne una massacrata nelle sue parti sonore? Nella strana aria parlata del Teatro delle Albe è all’ordine del giorno fare a pezzi le cose. Ermanna Montanari pronuncia, grida e ringhia il testo romagnolo, la versione di Nevio Spadoni della seducente strega dell’Orlando Furioso, come se fosse strappato direttamente dalla sua laringe. Attorno a lei strepita la tempestosa musica elettronica di Luigi Ceccarelli, un rumore così pazzesco che sembra essersi tirato via con violenza dal libretto. Il regista Marco Martinelli taglia lo spazio scenico con gelidi fasci di luce -anche se la Montanari spesso preferisce ritrarsi leggermente, lasciando il volto al buio. Lo sforzo è quello di scindere ogni elemento dagli altri elemento, e di lacerarci nei nostri sentimenti più intimi. Il breve lavoro è composto di sole sette parti: Alcina piange il suo destino, si scaglia con un bel po’ di invettive contro gli uomini (indimenticabile quando li paragona alla tosatura dei maiali, “tutto quel rumore, così poca lana”) e abbandona i suoi sensi, proprio mentre vibra all’apice dello spettacolo. Non c’è bisogno di seguire la storia, dato che è brutalmente semplice. (Alcina ha tradito sua sorella seducendo il suo amato. Poi lo perde). Siamo qui per godere dello straordinario controllo della Montanari, i suoi occhi truccati, la sua interpretazione a tutta velocità. Recentemente ho visto in molti esperimenti d’avanguardia dove personaggi di grandi film muti erano amalgamati in opere moderne. Qui, senza nessun ricorso a trucchetti video, il Teatro delle Albe ottiene lo stesso effetto.
(Helen Shaw, New York City (USA), Time Out, 7 Gennaio 2011 * * * * (Quattro Stelle)
LA TRAVIATA
La
solitudine di Violetta
Violetta non abita a Parigi, non muore di tisi a vent’anni
e non vive nel gran secolo romantico. La signorina Valery, al
contrario, è un simbolo “puro”, senza storia
e senza geografia: il riflesso di un “oltranza” eretica
che fa scendere sul “sacrificio d’amore” l’ombra
dell’ingiustizia. Per rivelare la sua essenza nascosta ha
però di duplicarsi, di farsi una e bina. Ed è per
questo motivo che il nuovo allestimento della Traviata verdiana
creato da Cristina Mazzavillani Muti per Ravenna Festival intarsia
felicemente due diverse “tecnologie dello sdoppiamento”:
quella, antichissima, dello specchio, e quella, ben più
giovane della “spazializzazione” del suono……..
All’idea labirintica della duplicità si rifà
anche coerentemente, il disegno del suono curato da Luigi Ceccarelli.
Grazie a sedici piccoli altoparlanti sistemati a diverse altezze
la voce di Violetta si stacca da se stessa e avvolge lo spettatore
in una trama circolare che sposta in continuazione la fonte del
suono……….
(Guido Barbieri, La Repubblica - 16 giugno 2008)
SAGRA MALATESTIANA 2007
Nell' "Officina" di Luigi
Ceccarelli, il compositore dal gusto urbano
"Neuromante"
per sax contralto, "Quanti" e "Birds" per
clarinetto, "De zarb à daf" per percussioni,
"Anima di metallo" per tamburi e metalli....... Alla
Sagra Musicale Malatestiana
La Sagra Musicale Malatestiana è arrivata quest'anno all'edizione
n 58. Celebri direttori come Temirnakov e Metha, repertorio consolidato,
grande afflusso di pubblico. Ma potrebbe l'aggiornatissima città
di Rimini non dedicare uno spazio monografico in questa rassegna
molto tradizionalista a un autore d'oggi? Possibilmente originale,
non accademico e non conciliante o furbescamente eclettico? No.
Non potrebbe. Quest'anno la scelta è stata particolarmente
felice: è caduta su Luigi Ceccarelli. Un compositore che
scrive al computer utilizzando i suoni campionati (e suoni sintetici)
ma riservando ai solisti di strumenti acustici succose parti nelle
esecuzioni dal vivo delle sue partiture. Un compositore di gusto
molto "urbano", capace di essere trascinante, anche
epidermico, ma ricercato e ricco di pensiero.
Al Teatro degli Atti il primo solista a presentarsi è Marco
Gerboni con il suo contralto. Il lavoro si chiama Neuromante (1992).
Fraseggio subito braxtoniano e un'iniziale struttura per brevi
"capitoli". Del resto il procedimento a episodi troncati,
non traumaticamente, ma piuttosto in modo sereno e con qualche
accenno di "soluzione" su una note che funge da tonica,
è uno dei preferiti di Ceccarelli.
Neuromante si inoltra, rimanendoci a lungo, nell'esasperazione
e nell'interazione di frasi post-jazzistiche (si continua a pensare
a Braxton), poi in aperture verso spazi lirici-siderali. Per tutta
la durata del brano i suoni del solista vengono moltiplicati,
accerchiati, lambiti, lievemente contrastati da una serie di "doppi"
messi in circolo dai dispositivi elettronici. Perchè "doppi"?
Perchè si tratta di suoni campionati di tutta la famiglia
dai sax con un privilegio dato ai registri gravi.
Questo criterio di elaborare con suoni timbricamente affini una
polifonia o un dialogo tra solista o suoni d'insieme semplici
spesso di valore ritmico, è quello che ritroviamo in tutti
i lavori, con minor evidenza solo in Anima di Metallo. In Quanti
(1990) abbiamo un vero e proprio "ambiente" di clarinetti
campionati che si delinea intorno al clarinetto solista Paolo
Fantini. Brano molto cordiale, tenero: un convegno amoroso in
cui il sé si cerca si incontra si interroga con un certo
compiacimento della propria natura colloquiale.
Birds(1993) presenta una novità. Il solista di clarinetto
basso Fabio Bertozzi non è avvolto e sorretto solo dai
consueti interlocutori "artificiali" della sua stessa
costituzione sonora, ma incrocia suoni campionati del mondo naturale,
cinguettii di uccelli in particolare. Il motivo si capisce: il
brano è una parte del balletto Naturalmente Tua firmato
da Ceccarelli con la coreografa Lucia Latour, ispirato dal tema
della natura trattato peraltro in modo disincantato e paradossale.
Per la versione da concerto avremmo preferito che queste interlocuzioni
"naturaliste" e descrittive fossero omesse, tantopiù
che gran parte dell'itinerario sonoro è fatto di magnifiche
serrate parossistiche iterazioni, da magnifici "ostinato"
in cui lo strumento viene usato con metodo percussivo.
De zarb à daf (1997) è la proliferazione incessante
di suoni percussivi. Sorprende, affascina, conquista. Zarb e daf
sono i nomi di tamburi della tradizione persiana, impiegati dal
vivo dal solista iraniano (ora cittadino francese) Mahamad Ghavi
Helm che ha regalato i suoi suoni ai campionatori di Ceccarelli.
Ne è uscita una partitura formidabile. Innegabili gli echi
di una cultura musicale arcaica, ma qui c'è tutta la metropoli
che ribolle, che si innerva di conflitti e di soggettività
plurime. Le macchine magiche di Ceccarelli frazionano i battiti,
li dilatano, entrano in zone sismiche,evocano un Elvin Jones o
un Hamid Drake al cubo.
Logico che a chiudere il concerto sia Anima di Metallo (1990)
con il trio dell'ensemble Ars Ludi in scena (Antonio Caggiano,
Rodolfo Rossi, Gianluca Ruggeri). Strumenti del Gamelan indonesiano
producono prima sequenze puntillistiche poi deflagrazioni. Ma
sempre di suoni sordi, da officina. Ovviamente la centrale elettronica
arricchisce, dilata, differenzia al massimo. Ampi spazi alla scansione
regolare, quadrata, ma ogni insieme di battiti è un microcosmo
di timbri e di rifrazioni. E ben presto si riprende l'"aritmia"
dell'avvio. Per concludere su un tellurico mix di tamburi e metalli.
(Mario Gamba - Il Manifesto 6 ottobre 2007)
LIVE*
Il pubblico
sta entrando in sala al teatro Vascello di Roma e Paolo Ravaglia
al clarinetto basso suona già un'introduzione - o vogliamo
chiamarla ouverture ? - all'azione scenica Live*, nata da una
collaborazione tra il danzatore-coreografo-filmaker Francesco
Scavetta e il compositore Luigi Ceccarelli. Ci mette anche musica
all'impronta Ravaglia. Ma non è questo che conta. Conta
il fatto che questo preludio, pur sempre attribuibile alla scrittura
di Ceccarelli è concepito a partire dalla cultura dell'improvvisazione
radicale. Un Ceccarelli piacevolmente estremista. Il seguito della
partitura, costruita in stretto contatto con Scavetta ribadisce
questa felice scelta di utilizzo delle esperienze forse più
esaltanti in tutta la musica dell'ultimo squarcio di secolo ventesimo
e, ancora di più, di questo inizio secolo ventunesimo.
Nella fase di costruzione del lavoro Ravaglia ha "donato"
i suoni dei suoi clarinetti alle macchine voraci e sapienti di
Ceccarelli, che ne ha campionati parecchi per unirli ai suoni
del live electronics, e poi altri ne ha lasciati (pur sempre scritti)
al solista Ravaglia, sempre in scena anche come attore.
E Ravaglia smonta i clarinetti (anche il fascinosissimo clarinetto
contrabbasso), li suona a pezzetti, utilizza una serie di sordine,
emette soffi, note puntate, frasi guizzanti e nervose, suoni del
sottosuolo e suoni dei viaggi spaziali. Ceccarelli ha scritto,
Ravaglia interpreta e compone a sua volta con l'arte del virtuoso.
Ma siamo sempre in piena poetica ceccarelliana: una poetica del
disincanto della laica colloquialità: non sentiamo mai
in Live* la drammaticità espressionista di un Evan Parker
o la visceralità apocalittica di un Peter Brötzmann.
(Mario Gamba, il Manifesto, 3 novembre 2006)
Una poesia
leggera del corpo, una svagatezza sotto la quale si nasconde sotto-traccia
una ricerca tutt'altro che improvvisata, anima in Live* la danza
incantata e beffarda di Francesco Scavetta, impastata con ruvida
intelligenza nello spazio sonoro creato dalla musica elettronica
di Luigi Ceccarelli e dalla performance dal vivo di Paolo Ravaglia
con i suoi clarinetti......
Scavetta è un danzatore, ormai coreografo, che gioca con
carezza onirica sul rapporto tra gesto quotidiano e movimento
puro della danza. In Live* lo prova con uno spettacolo nel quale
l'entrare e l'uscire dalla realtà, l'interrogarsi sulla
relazione uomo/macchina vive di un faccia a faccia shakerato.
Scavetta si sdoppia, a volte si triplica nel video che vediamo
in alto, sullo sfondo della scena. Ma nessuno può capire
se le immagini sono pre-registrate o se si fanno lì per
lì. Scavetta e compagni utilizzano telecamere mobili, oggetti
telecomandati. Divanetto rosso, portacenere blu. Scavetta è
seduto, perde l'equilibrio, dinoccolato danza. Il video lo riprende,
lo blocca in pose che contraggono il tempo, poi tutto ricomincia,
sopra e sotto, mentre il suono amplificato, stravolto del clarinetto
incalza, sottolinea, suggerisce, avvolge. Tecnologia in cui non
si perde il contatto con l'uomo e il suo humour, evitando miracolosamente
l'ipnosi dello schermo sulla corporeità della scena. Scherzi
tra virtuale e reale a cui partecipa un gigantesco Godzilla gonfiabile.
A ricordarci che si può non essere banali anche senza prendersi
troppo sul serio.
(Francesca Pedroni, Il Manifesto, 3 novembre 2006)
LA
MANO
........Ma
qui, in più, c'è la musica di Ceccarelli, detonatore
infallibile che trasforma il ricordo delirante di una mente giunta
al limite della follia in proiezione di un'angoscia, di un sentire
profondo di cui il rock è esattamente la fotografia sonora.
E mentre il neopuritanesimo alza la voce per denunciarne il satanismo,
ecco che il rock, con la sua violenza metallica e hardcore, si
denuda di quelle posticce spoglie adolescenziali, esce dal ghetto
dorato della "musica giovanile", ci si mostra adulto,
vecchio forse, coperto di rughe, e ci illumina brutalmente sulla
realtà dura e tragica dell'epoca nostra.
Mentre la drammaturgia di Marco Martinelli sospinge Ermanna Montanari
verso una regione neoespressiva, la musica di Luigi Ceccarelli
è un contraltare perfetto, tanto più pregevole in
quanto sfugge alle cento trappole dell'angoscia elettronica di
maniera. Viceversa la musica di Ceccarelli è viva, guizzante,
esplosiva e scalpitante. E' quintessenza del rock duro: power
chords, basso e batteria. E insieme ne è una potente trasfigurazione,
sempre sapientemente trattenuta e sempre sul punto di sfuggire
di mano per lanciarsi in una corsa pazza, in fondo a quel gorgo
oscuro dove Isis, sacerdotessa punk, si dibatte nello sforzo sovrumano
di uscirne. E noi con lei.
(Giordano Montecchi - Amadeus, ottobre 2005)
Ermanna
Montanari, l’attrice che interpreta Isis, la donna che sta
in scena, la voce-corpo (definizione di Marco Martinelli, il regista)
a cui tutta la scena è dedicata, mattatrice sventata e
ossessiva, nel perimetro di quella croce così poco sacra
comincia a ruotare su se stessa e sembra non dover smettere mai.
......... fin dalle prime battute lo spettacolo, che ha come sottotitolo
De profundis rock, procede in stretta sintonia con la musica rock
più speciale che si possa immaginare. Musica non-rock.
Musica oltre il rock. Ma che nasce dal rock o, comunque, lo riguarda.
Musica di Luigi Ceccarelli per un dramma con musica o opera di
teatro musicale, chiamatelo come volete. Melodramma no, per favore.
Subito anche le luci di Vincent Longuemare sono costitutive dello
spettacolo. Una parete in fondo al palcoscenico tutta occupata
da batterie di fari che si accendono appena o sfolgorano o si
spengono in parte o si spengono tutti. Invenzioni davvero portentose.
Apparato luminoso da concerto rock, se vogliamo. Oppure qualcosa
di gotico. Ma è meglio, ancora una volta, non pensare a
queste implicazioni narrative. E godere la vera narrazione di
un flusso unico di parole e suoni e luci. E le scene in senso
stretto? Efficacissime e suggestive quelle di Edoardo Sanchi.
(Mario Gamba - Ateatro 04/05)
Articolo Completo
....E' teatro e basta: un monodramma, recitato con forza su una
corda alta e tesa..... da Ermanna Montanari, scritto molto bene
da Luca Doninelli, messo in scena con violenza trasfigurata da
Marco Martinelli con luci straordinariamente prospettiche e incisive
di Vincent Longuemare, con scene e costumi sempre assai accorti,
pertinenti e "parlanti" di Edoardo Sanchi.
Non è una dimenticanza, quella concernente la musica: merita
grande attenzione, last but not least, la qualità davvero
alta, ricca di drammaturgia, di gesto interiore e di paesaggio
sonoro, della partitura elettronica di Luigi Ceccarelli, compositore
avvezzo a collaborazione coi teatranti, mente fine e nobile.
La storia che Ermanna Montanari recita è il viaggio nell'anima
di una donna, sorella d'un grande chitarrista del rock, che elabora
in flusso interiore il tempo trascorso accanto a quel pazzo che,
non pago della propria grandezza, la mano sinistra infine se la
tagliò dandosi la morte. La protagonista vince la droga,
tenta il convento non accettata e allora diviene "suor Isis",
monaca di se stessa in corsa sulla memoria. Piacerebbe trovare,
ogni tanto, qualche cosa di simile nei nostri pachidermici e lamentosissimi
teatri d'opera.
(Roberto Verti - Il Giornale della Musica, 27-giugno 2005)
Mettere in
scena la nostra identità musicale di oggi - nostra di noi
uomini a milioni o a miliardi intendo, non dell'anacoreta che
se la coltiva per conto proprio - è forse l'impresa ardua
e più disperante del teatro contemporaneo. C'è da
un lato, il fantasma dell'"Opera" e c'è, dall'altro,
una realtà musicale che avendo finalmente scoperto il mondo
fuori dal teatro, pare non abbia alcuna voglia di tornarsene al
chiuso. E' per questo che, da sempre, musica, rock e teatro musicale
appena li metti insieme fanno a pugni.
Ed ecco la notizia: La mano di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari
con musica di Luigi Ceccarelli fa eccezione.............La mano
(sottotitolo de profundis rock) riprende dal romanzo di Luca Doninelli
la figura di Jerry Geremia Olsen nello scenario ideato da Edoardo
Sanchi, nero squarciato da luci sciabolanti (il palcoscenico come
universo), la sorella di Jerry che vive del suo ricordo, e la
musica elettronica di Luigi Ceccarelli costruiscono una drammaturgia
nella quale il rock non è più musichetta da adolescenti,
ma è la cifra sonora e mentale di un mondo crudo e tragico:
il nostro.
L'inventiva di Ceccarelli, che ha campionato e reinventato le
sonorità di due chitarre elettriche, basso e batteria,
è semplicemente magistrale: la materia rock deflagra potentissima,
alimenta il furore punk della Montanari, scalpita come un sismografo
o come un purosangue imbrigliato, sempre sul punto di slanciarsi
in una scarica di heavy metal e sempre sviato dalle contorsioni
interiori di questa furibonda sorella -sacerdotessa-amante-dark
lady nella quale ribolle tutto il nero del nostro tempo, mischiato
allo sforzo sovrumano per uscirne.
(Giordano Montecchi - L'unità, 5 luglio 2005)
.........
e, come nell"'Isola di Alcina", è una grande
Ermanna Montanari ad assumerne il ruolo, danzando in tondo sulla
scena-disco e inventandosi una voce di roca potenza per battersi
col rock teso e tonante delle risonanze elettroniche di Luigi
Ceccarelli, il quale definisce "terrosa" la sua musica.
Ed ecco suor Isis alzare i toni, maschilizzarli e demonizzarsi
a un tempo nella tensione che la spinge verso le cavità
infernali a confondersi con il defunto Jerry. Intanto, dietro
le tavole rotanti della scena, le luci di Vincent Longuemare focalizzano
sempre nuovi disegni di vetrate di antica cattedrale..........
La storia giunge alla fine trascinando i suoi personaggi nel baratro
della maledizione a venire: de profundis rock
(Franco Quadri - La Repubblica, 27 giugno 2005)
Ravenna Festival,
uno dei pochi eventi musicali capaci di aprirsi a quel teatro
che compie una propria originale ricerca sul suono, è stata
la cornice ideale per il debutto italiano de "la Mano",
ultimo spettacolo del Teatro delle Albe diretto da Marco Martinelli
e tratto dall'omonimo romanzo di Luca Doninelli...............una
sfida che vede ancora in primo piano la partitura musicale di
Luigi Ceccarelli. Il compositore elettronico, per questo romanzo-diario
.......... costruisce un "de profundis rock" basato
sull'elettricità quella che passa tuonando dal jack allo
strumento o che attraversa le corde vibrate prima di diventare
sound. E questa elettricità, cui il rock ha dato disciplina,
è richiamata in una partitura di suoni sciolti, singole
componenti acustiche non ancora chimicamente legate o sintetizzate.
Una evocazione lirica del rock basata su una grammatica del tutto
diversa. Su questo tessuto si innesta la voce di Ermanna Montanari,
che , in partitura rigorosa, segue i flussi delle distorsioni
e le taglienti acidità, dando corpo sensibile al lamento
di Isis, sorella del chitarrista e custode della sua storia.......
Ed è tale la simbiosi profonda tra voce e corpo musicale
a mostrare la superiorità e al contempo un differente livello
d'integrazione rispetto alle altre componenti artistiche, il cui
singolo valore è comunque altissimo, nel quadro di una
ricerca sviluppata in quella zona senza nome, nè categorie
e che è la sola identità d'un vero teatro presente.
(Gian Maria Tosatti - Il Tempo, 27 giugno 2005)
È una
suora immaginaria ex-tossica e un po' pazza la protagonista de
La mano, il romanzo di Luca Doninelli che Marco Martinelli ha
adattato - o per meglio dire ha ridotto a libretto d'opera - per
lo spettacolo del Teatro delle Albe.
È sorprendentemente brava, come sempre, Ermanna Montanari,
che in questa sua discesa in un febbrile inferno mentale inventa
intonazioni laceranti, ora cupamente cantilenanti, ora simili
a uno stralunato «recitarcando», e si interroga e
si risponde e insegue se stessa sul filo di un'identità
sfuggente, in pari tempo candida e perversa. Ma è bravo,
nella sua silenziosa performance gestuale, anche Roberto Magnani
che incarna quell'agghiacciante Mickey Mouse dalle movenze convulse,
innaturali. E bravissimo è Luigi Ceccarelli, l'autore delle
musiche, che distorce elettronicamente degli accordi rock trasformandoli
in suoni arcani, primordiali.
(Renato Palazzi - Il sole 24 ore, 28 giugno 2005)
....Perchè
quello evocato dalla protagonista che si chiama Isis è
certo un viaggio agli inferi, alla ricerca del fratello morto:
fratello e sposo, anzi, a dar retta alla traccia indicata dall'omonima
divinità del mito egizio. E il rock non è solo il
contenuto ma ancor più la materia di cui è fatto
lo spettacolo. Lo è soprattutto grazie alla musica scritta
da Luigi Ceccarelli che disegna una vera e propria drammaturgia
parallela, ispirandosi ai suoni di quella che ormai si può
considerare la forma classica della seconda metà del novecento,
ma ovviamente contaminandoli dentro le strutture elettroniche
che gli sono abituali.
Con intuizione felice il compositore ha scelto di lavorare sulle
zone marginali della musica rock. Sui suoi bordi e le sue scorie.
Le code di assolo di chitarra, l'attacco di una percussione. Dunque
propriamente lavorando di sottrazione. Se a tratti sembra di percepire
un'eco dei Pink Floyd o di qualche altro nume tutelare, è
come un lampo che lascia il posto ad altre sonorità.
(Gianni Manzella - Il Manifesto, 26 giugno 2005)
.... A dare
il ritmo acido e nervoso la musica elettronica di Luigi Ceccarelli
che svuota e porta all'essenzialità nuda e cruda un solo
chitarristico che sembra sospeso nell'aria come un bagliore geometrico
e improvviso in una notte senza stelle.
(Walter Porcedda - La Nuova Sardegna, 1 luglio 2005)
Ermanna Montanari
non interpreta un personaggio. Essa lo è, corpo e anima.
...... l’attrice modula e modella a suo piacimento la sua
voce unica, ruvida e ammaliatrice, per interpretare con rabbia
tutti i suoi personaggi. In Isis vestita di nero, una croce simbolica,
rosso sangue, incollata al seno, la diavolessa punk erutta una
lava di incantesimi, dalla sua voce cavernosa, così «
terrosa » e penetrante come la musica de profundis di Luigi
Ceccarelli.
Da sonorità spaesanti a melodie devianti, elaborate in
un mix da portare il diavolo in terra, il compositore riesce a
far calare su questa performance, al di là dell’atmosfera
sobria e rabbiosa, un dolore vero. Perchè qui la musica
non è uno strumento ma una piaga riflettente l’anima
straziata di Isis........Assaliti dalla musica, e accecati dai
proiettori, ci si ritrova la schiena tutta percorsa da fremiti.
Una tensione scomoda e coinvolgente che fa de « la Mano
» una penetrante ode alla musica rock......
(Catherine Makerel - Le Soir (Belgo), 21 febbraio 2005)
.....Si tratta
di un monologo ossessivo,costellato di ricordi, di sogni e di
allucinazioni. Magistralmente interpretato da Ermanna Montanari
che riesce ad integrare perfettamente la personalità del
suo personaggio, con l’hard rock ed il punk che fanno da
elementi principali. Una scena allo stesso tempo semplice e fastosa,
un luogo circolare dove si svolge integralmente – o quasi
– la scena. Il tutto avvalorato da una musica e un gioco
di luci che non appartengono ad alcun genere riconoscibile.
(G.VDS La Derniére Heure (Belgio) 22 febbraio 05)
ESCORIAL,
TUPAC AMARU, EXSULTET
Mini-opere
acusmatiche.
Espace Go, 16 ottobre 2003.
L'attuale edizione de Rien àvoir fait scopre dei mondi ancora sconosciuti. Giovedì
sera, c'era l'elettroacustica all'italina. Naturalmente questa
comincia con lo spettacolo........L'invitato del giorno alla consolle,
il compositore Luigi Ceccarelli, presenta...alcune delle sue opere.
Qui, si entra a pieno titolo nel tipico mondo dell'opera italiana,
rivista e corretta dell'elettroacustica.
Nei primi tre pezzi che propone, Ceccarelli
scrive realmente dei concentrati di Opera incredibilmente efficaci.
I libretti descrivono sia la religione, che il potere politico
e una forma di totalitarismo. A propos de la chambre à coucher
de Philippe II dans lÍeglise de lÍEscorial si rivela un'opera possente, spaventosa. Le immagini
contratte e meccanico-surrealiste del testo (noi ascoltiamo una
versione francese per comprendere tutto) gelano già il
sangue. La musica, lei, viene a rinforzare l'effetto.
Ceccarelli usa delle distorsioni della voce
da far sbavare di gelosia i registi di fiòm dell'orrore
di Holliwood, con degli "effetti speciali" da far fuggire
di paura la gente dalle sale dei cinema. del cinama per l'orecchio
si chiama talvolta l'acusmatica. E' esattamente quello e Orwell
l'avrebbe adorata!
Si prosegue con Tupac Amaru,
e ci si scontra con una leggenda inca della prima rivoluzione
di questo popolo contro i conquistadores negli anni 1780 e con
i moti anti-Fujimori (Funky-Fucky-More nel libretto). La traduzione è proiettata su
schermo, alla maniera dei sottotitoli nell'opera tradizionale.......
LÍutilizzazione della diffusione nello spazio è notevole,
il ritmo e le citazioni dei generi musicali appropriati, e ci
si dice, ecco lequivalente di un'opera di cappa e spada di Verdi.
Più pregnante, Exsultet comincia una lunga zona di pace, su canto gregoriano manipolato,
e zona meditativa che si vede avvelenata d'orrore, ancora, come
se i fremiti di disgusto servissero da arnesi di condanna. Lo
svolgimento è qui più sostenuto, la qualità
dell'opera è anche nettamente più grande delle prime
due per il suo respiro e la sua direzione intrinseca. Con un proposito
più astratto, la musica si permette di prendere più
spazio e si ammira il talento di Ceccarelli a farci rimanere inchiodati
alla nostra sedia dalla sola ispirazione portata dalle sue convinzioni,
che ci obbliga, per il tempo di un pezzo, a condividere. Come riuscita drammatica, è stato il gran momento del concerto..........
François Tousignant - Le Devoir (Canada) 19 ottobre
2003
REQUIEM
.Arriviamo
al luogo: un muro rosso, nudo, lapide o soglia dell'aldilà.
Attorno è un'arcadia di cespugli e boscaglia, fra i rami
si staglia la statua bianca della Venere di Milo: Un ronzio sonoro
diventa un rombo assordante che si sposta; mosconi, calabroni
sfrecciano
... Il muro si accende: luci, fuochi, la scena
si anima. Nell'aria lacerata dai suoni ovunque, corrono i gesti
e le voci degli interpreti in gara di bravura tra loro
.
Luigi Ceccarelli è il signore del tuono. Nella sua fucina
le voci diventano polifonie metalliche, taglienti di cattiveria.
Gli smarrimenti e i vaniloqui di Psyche generano marosi in tempesta,
spalancano abissi, uno, mille tromboni riversano tonnellate si
suono, come si svegliassero le navi che dormono poco lontano.
Ma dalla statua di Afrodite nasce un canto: Requiem Aeternam,
poi Kirye, Dies Irae, Lacrimosa, Agnus Dei. La melopea gregoriana
è un canto di sirena o di strega, seducente e terribile
che si rifrange, si amplifica, combatte con le parole. Nella dimensione
sonora il dramma di coppie ed antagonisti - Eros e Psiche, Afrodite
contro Psyche - si muta in binomio psyche e techné. Qui
la meraviglia cavalca a briglie sciolte, la tecnologia elettronica
dona alla parole un'aura, uno strapotere emotivo che seduce e
ammalia. La metamorfosi è continua: suono, rumore, canto,
parola, musica si compenetrano, si generano uno dall'altro in
una drammaturgia uditiva che azzera il tradizionale dualismo parola/musica.
E' un teatro nuovo e dunque benvenuto, un neo-barocco tecnologico
forse fin troppo seduttivo e immaginifico; un fiume in piena che
già reca in sé il bisogno di un argine che ne disciplini
il corso. Chapeau!".
(Giordano Montecchi - L'Unità 8/7/01)
.Requiem:
proprio un'opera di superbo valore creativo, bellissima in sé
e che meriterà nuovi incontri e approfondimenti. Lunghissimi,
commossi gli applausi al termine per tutta la compagnia
.
(Valeria Ottolenghi - La Gazzetta di Parma)
Lo
spettacolo trae effetti suggestivi dal bell'impianto scenografico,
da qualche intuizione penetrante - fra cui quella di evocare l'Aldilà
come un mondo bidimensionale di labili immagini fotografiche -
e dalla trascinante musica elettronica di Luigi Ceccarelli, una
complessa partitura per strumenti, voci, rumori naturali, che
passando da remote liquidità a sonorità potentemente
raschianti sembra davvero richiamare echi d'oltretomba
.
(Renato Palazzi - Il Sole 24 Ore 8/7/2001)
"Costruito
come un'opera con partitura musicale (la straordinaria partitura
di Luigi Ceccarelli), il Requiem scritto sulle corde di un viaggio
infero, prende a prestito Carroll e la plasticità della
fotografia e gioca con la parola come pochi giovani gruppi sanno
fare. Un gioiello di suoni e affastellamenti vocali microfonati"
(Paolo Ruffini - Liberazione)
I
suoni lacerano lo spazio, frantumandone i contorni, accordandosi
con l'oscura musica della nostra mente. Un Requiem dei sensi,
basso, terragno, affiancato a quello puro e irreale del canto
di Afrodite, dall'alto della Cava: risoluzione drammaturgicamente
imponente dell'intera partitura sonora.
(Laura Romasco - La Voce 12/6/2001)
"Requiem
esalta la grandezza di un lavoro corale tanto impegnativo quanto
affascinante, tanto difficile nel contenuto, quanto immediato
nella lettura. Viene da dire che meglio di così è
difficile rappresentare il problema della morte, dell'abbandono,
e della fascinazione che questi esercitano sull'anima.
(Il Corriere di Rimini)
Il
Requiem di Luigi Ceccarelli mette in forma la questione della
fascinazione dell'anima, della morte, dell'abbandono, le fatiche
di Psiche, troppo bella per essere amata, "troppo bella",
urla Afrodite gelosa, troppo bella per la mostruosità terrorizzante,
troppo piena d'amore per essere amata dall'amore stesso
.
(Elisa Fontana - La Voce 12/6/2001)
.Ed
è anche straordinariamente serio e appassionante il lavoro
condotto con Luigi Ceccarelli, che ha costruito un tessuto sonoro
di grande forza e suggestione
.
(Oliviero Ponte di Pino - A teatro 27/7/2001)
TORNA
SU
L'ISOLA
DI ALCINA
e
non si può, in questa luce, non sottolineare il fondamentale
apporto creativo del compositore Luigi Ceccarelli, che intraprende
nella circostanza una strada decisamente insolita rispetto alle
consuetudini del teatro, lavora ad un vero e proprio "sottotesto"
strumentale che non mira ad un accompagnamento ma a un livido
prolungamento sonoro della parola. Imprigionata nel suo abbagliante
delirio monologante, distorta da prospettive scenografiche sottilmente
innaturali, questa Alcina vestita come una maestra di campagna
anni Cinquanta diventa allora una creatura infernale, un'apparizione
cattiva e sinistra che luci spietate e musiche spettrali inquadrano
in un vuoto d'oltretomba. Il divano su cui siede con la sorella
ebete si staglia contro un soffocante muro nudo, che assumerà
di volta in volta incongrui riflessi d'oro o sfumature di un verde
malato. Pur senza protesi di sorta, i volti delle due sono trasformati
in mostruose maschere di carne. Per riportare il personaggio alla
fisionomia originaria, sotto la ribalta si svela a tratti una
gabbia opprimente in cui sono stipati inquietanti uomini-cani.
(Renato Palazzi - Il Sole 24 Ore 25/6/2000)
Concerto
per corno e voce romagnola, dice il sottotitolo. All'inizio però,
a luci ancora spente e poi quando al centro della scena si illumina
il quadro vivente delle due figure femminili, siamo investiti
da un'onda d'urto di una tempesta sonora, folate di vento in cui
si insinua un suono più acuto, lacerante. Partendo da un
solo strumento, il corno appunto, con l'aggiunta di qualche percussione,
Luigi Ceccarelli ha composto una partitura musicale che ha la
pienezza di un'orchestra, lavorando di elettronica sui suoni naturali
registrati.
(Gianni Manzella - Il Manifesto 10/6/2000)
..Il
corno (partitura, intensamente evocativa, di Luigi Ceccarelli)
impasta con suoni aspri, acuti, ombrosi lo strazio amoroso, la
solitudine, gli echi della campagna, l'affabulazione dell'Ariosto.
Uno spettacolo di ricerca tragico e fantastico che annuncia, davvero,
il teatro del domani.
(Ugo Ronfani - Il Giorno 15/10/2000)
L'Isola
di Alcina del teatro delle Albe è un capolavoro di straordinaria
complessità e ricchezza
..lo spettacolo è geometricamente
perfetto nel coniugare vari livelli rappresentativi. E' innanzitutto
un'opera musicale, una vera partitura per suoni e voce in cui
iil verso diviene complementare, e viceversa, alla musica di grande
suggestione di Luigi Ceccarelli.
(Nicola Viesti - Nuovo Corriere 29/11/2000)
.Come
la musica di Luigi Ceccarelli, eseguita da un corno "aiutato"
dal computer, che nei cambi di scena è padrona assoluta,
mantenendo la tensione negli spettatori
.
(Paolo Pingani - il Resto del Carlino 10/6/2000)
Ceccarelli,
che lavora da sempre con l'elettronica, evoca in modo sconvolgente
proprio la profondità di questa voce (Alcina), la forza
di questa donna riesce ad affiancare e ad amalgamare i suoni della
voce femminile con quelli del corno, presente in modo costante
in tutta la composizione.
(Susanna Persichilli -I Fiati giugno 2001)
Parole
misteriose, magnetiche, evocative, note taglienti di una partitura
di sentimenti spezzati dalla follia d'amore, contrappuntati dai
suoni vigorosi e tormentati delle belle musiche di Luigi Ceccarelli
(Magda Poli - Corriere della Sera 5/7/2000)
.l'Isola
di Alcina è semplicemente bellissimo. A cominciare dal
testo poetico di Nevio Spadoni, questo "concerto per corno
e voce romagnola" tramato da Marco Martinelli sulle musiche
di Luigi Ceccarelli si pone tra gli esiti più alti della
stagione
...
(Roberto Barbolini - Panorama 27/10/2000)
TORNA
SU
MACCHINE
VIRTUOSE
Dal
buio emerge un pianista, si avvicina a un pianoforte aperto, fruga
nella coda, strofina sulle corde bacchette da tamburo e ne trae
alcuni suoni. Le apparecchiature elettroacustiche moltiplicano,
modificano e diffondono quei suoni, li replicano all'infinito
aspirando all'ipnosi. Il pianista si ritira nel buio mentre continuano
a diffondersi fasce di armonici. Il pianoforte rimane solo con
la bocca spalancata, con i suoi cavi penzoloni e i microfoni appesi,
come un oggetto inutile.
La macchina virtuosa n.1 si è messa in moto. Cambiano gli
strumenti ma sarà così per tutto il concerto. Le
Macchine Virtuose di Luigi Ceccarelli sono sofisticate e raffinate
manipolazioni del suono live, giocattoli di grande complessità
e di infinita possibilità di risposta. E c'è anche
il gioco delle luci, ben fatto, ben calibrato, e anch'esso spesso
mosso dal suono e dunque strettamente legato all'evento sonoro.
Il fatto è che è uno spettacolo divertente e intrigante
.
Veder giocare e sentir giocare così bene è un piacere
davvero raro. Non c'è solo il gioco, naturalmente, ci sono
intenzioni musicalmente più profonde; potremmo dire che
è una sintesi di decenni di esperienze sulla musica elettronica,
comprese quelle extra-colte e su un teatro alternativo. Ma l'aspetto
ludico è quello prevalente e su questo ci soffermiamo,
perché è l'aspetto più normalmente disatteso
del far musica. Pubblico foltissimo, interessato e perfettamente
coinvolto.
(Michelangelo Zurletti - La Repubblica 28/10/94)
Un'anima
di Metallo e un tocco urbano di jazz.
Gli eventi sonori, gli strumentisti, gli spettatori, l'ambiente.
Sono le "Macchine Virtuose" in scena all'Acquario Romano.
Concerto -Spettacolo di Luigi Ceccarelli per "Progetto Musica
94".
Anima di Metallo, dice il titolo del brano che chiude il concerto
dedicato a musiche di Luigi Ceccarelli all'Acquario Romano. Perché
tutto è artificiale in questo prodigioso inventore di suoni.
Tutto è urbano, metropolitano, tecnologico, ma anche anima
jazz. Concerto straordinario, memorabile. Con il quadruplo degli
spettatori medi della musica contemporanea. Diversi, non inamidati
..
E Ceccarelli vi ha trovato l'occasione giusta per rivelarsi quello
che sicuramente è: uno dei più importanti compositori
oggi in attività.
Spettacolo più che concerto
.Nel primo brano, "Aura
in Visibile", si sente all'inizio il suono amplificato di
corde del pianoforte azionate da oggetti
.Poi una cortina
di suoni di tipo industriale-futurista-spaziale, ma sono altoparlanti
vibratori che trasmettono impulsi alle corde del pianoforte.
Aritmico e ultraritmico "Aleph con Zero", per due percussionisti
e due pianisti. Sintassi dell'ansia e dell'ebbrezza. A un certo
punto le due marimbe acquistano vita propria, moto proprio, e
avanzano verso il centro del palco. Macchine virtuose e miracolose.
In "Discussione del 3000" i due percussionisti entrano
in scena mentre un bellissimo cerchio bianco illuminato cade dall'alto
e va a formare la scenografia molto mondrianesca dell'esecuzione.
Che è una combinazione con voci sintetiche che introducono
un gioco dadaista di sillabe e colpi di tosse. Il pezzo finisce
con un carillon impertinente e infernale. Senza interruzione comincia
"Anima di Metallo": sorde risonanze di orchestra gamelan,
cultura balinese, cultura jazz, luci cangianti e lingue di metallo
fluorescenti che danzano sul fondale bianco. Oggetti di culto
dell'era pop-tecnologica, effetto discoteca, con finale parossistico,
autenticamente tribale.
(Mario Gamba - Il Manifesto 30/10/94)
Per
"Macchine Virtuose" di Luigi Ceccarelli
il tutto
esaurito ha testimoniato la solida reputazione del compositore,
ma anche il suggello di una serata coinvolgente in cui musica
dal vivo, musica su nastro magnetico, performances degli esecutori-attori
e una sapiente regia luci e multivisione hanno dato vita ad un
nuovo concetto del fare spettacolo in forma rigorosa ma non punitiva.
Le Macchine di Ceccarelli non sono delle entità fisiche,
ma delle situazioni ambientali che fanno si che spazio, tempo,
pulsazioni ritmiche e respiro del pubblico si fondono in un momento
magico con la musica
..
Un crescendo, è il caso di dirlo, di virtuosismo, giocato
con molta sapienza anche da tutti gli esecutori, il gruppo Ars
Ludi
Un successone, giocato e si vuole sulle chiavi dell'entertainement,
ma che fa venire il dubbio che la musica contemporanea cominci
a piacere.
(Marco Spada - L'Unità 28/10/94)
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SU
ALEPH
CON ZERO
Nessuna
esitazione nel dire che Aleph con Zero di Luigi Ceccarelli, in
una ideale classifica mondiale del 1993 occuperebbe le primissime
posizioni. All'inizio si sentono moduli ritmici la cui provenienza,
senza alcuna citazione, potrebbe essere il jazz avanzato o il
percussionismo (anche tastieristico) post-bartokiano e post-stravinskiano.
Un inizio elettrizzante, con dentro tutte le emozioni possibili
della cultura urbana e tutta la creatività possibile del
modo di produzione digitale. Appaiono poi diramazioni melodiche
dei moduli d'attacco, frullate e sminuzzate sulle marimbe. Poi
c'è il gioco di crescendi e di brusche interpolazioni di
note isolate ( che hanno sempre un valore ritmico), seguito da
un'orgia "discreta" di suoni che sembrano sgocciolare
dalle corde del pianoforte. Suoni campionati e riproposti agli
strumentisti, i quali - dice Ceccarelli - "sono determinanti
per dare vitalità a una partitura scritta al computer".
E infatti gli interpreti d Ars Ludi hanno reso irresistibile questo
pezzo tremendamente complesso sul piano tecnico.
(Mario Gamba - Il Manifesto 14/12/93)
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SU
ANIHCCAM
"Anihccam",
cioè macchina. Suono fulmineo, cinepresa che si srotola
all'indietro, intuizione violenta
..Anihccam, stride una
trombetta, Anihccam, sbatacchiano i cimbali. I piedi dei danzatori
sembrano una catena dentata
. e le macchine in scena sono
la scena stessa i palchi mobili ed il proscenio che si sfoglia
come le pagine di un libro, offrendosi ai giochi in multivisione,
alle frecce, agli scoppi di luce
Perché la danza
è, qui, uno degli elementi della macchina scenica, non
il protagonista assoluto. Protagonista è il montaggio,
l'assemblaggio dei materiali che si sovrappongono, come fossero
in video, guidati da un inesistente telecomando. Cinghia di trasmissione,
la splendida musica di Luigi Ceccarelli.
Alla fine resta, meno effimero del previsto, il piacere di entrare
in una macchina perfetta, gioco colto di citazioni e rimandi,
disincantato e leggero come un ammicco.
(Ella Baffoni -Il Manifesto 5/9/89
La
musica di Luigi Ceccarelli si basa su suoni costruiti dal computer
e dall'elaborazione elettronica, abilissima, di composizioni di
Stravinsky e non è l'ultimo pregio dello spettacolo
..
(Alberto Testa - la Repubblica 18/10/91
Però,
che swing questo "Anihccam"! E' strano che nessuna abbia
pensato al concetto di swing, tanto lineare quanto indecifrabile
a proposito dello spettacolo di danza ideato dalla coreografa
Lucia Latour e dal compositore luigi Ceccarelli
..Omaggio
a Depero? Certo per quanto riguarda i richiami figurativi e le
citazioni di suoi testi, affidate a voci fuori campo. Ma in sostanza
questo lavoro di Latour-Ceccarelli è una sfida al senso
comune post-moderno, con una ripresa scontata dell'utopia modernista.
Però senza rigidità, con glamour, con rilassatezza.
Insomma, con molto swing
Se la voce fuori campo dice:"beviamo
un Bitter Campari", la musica sembra dire "andiamo via
consapevoli e leggeri con il progresso ritrovato". Ceccarelli
nega di aver sposato, con il futurismo, l'idea di progresso: "Non
mi occupo poi tanto del pensiero dei futuristi. Di lori mi piace
l'idea che si possa usare in musica qualsiasi suono, la loro apertura
illimitata". Questo compositore 40enne ha giusti sospetti:
l'idea di progresso ha procurato un sacco di guai. Non così
il sogno di progresso con cui Ceccarelli e Latour giocano in Anihccam
con stordimento leggiadro.
(Mario Gamba - Il Manifesto 20/10/91)
Cosa
è rimasto del teatro plastico e delle rigide forme geometriche
indicate da Depero? La durezza della struttura qui, si è
magicamente trasformata in fluide coreografie amalgamate dalla
splendida musica elettronica di Luigi Ceccarelli
(Giulia Bondolfi - Il Messaggero 18/10/91
.diventa
un po' un tormentone, bellissimo e suggestivo la musica di Luigi
Ceccarelli, basata su temi di Stravinsky elaborati elettronicamente
.
(Vittoria Ottolenghi - Paese Sera 18/10/91)
INCONTRO
CON RAMA
"Datemi
un trombone e vi solleverò il mondo": potrebbe essere
la sigla di Luigi Ceccarelli, compositore fruttuosamente attento
alle ricerche elettroacustiche, che ha infranto le belle pareti
e il bel soffitto della sala di Palazzo Taverna (terzo concerto
di Nuova Consonanza), lasciando il pubblico allo scoperto, in
uno spiazzo misterioso, sperso nel cosmo. Il fenomeno cioè
questa sbalorditiva capacità del suono di crescere in una
sorta di nembo fonico, incatenante e avvolgente è
durato per circa venti minuti, raggiungendo risultati inediti.
Luigi
Ceccarelli intitola "Incontro con Rama" questa sua evocazione
elettroacustica affidata al trombone, dischiudendo evocazioni
bibliche("Una voce si ode da Rama / lamento e pianto umano
/ Rachele piange i suoi figli
.), ma anche adombrando mitologia
indiane. Il suono coinvolge, chissà, leroe Rama,
nel quale si celebra una reincarnazione di Visnù. Come
che sia, il suono di Ceccarelli viene di lontano e ha un peso
..
(Erasmo Valente LUnità 27/10/1983)
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