Per
una musica dell' accoglienza
intervista di Mario Gamba (Alias n.26 - Il Manifesto 7 Luglio
2001)
Per
una musica dell' accoglienza
Come
parecchi altri suoi colleghi Alessandro Cipriani è un compositore
stanco dei soliti moduli della musica contemporanea. Lui, in particolare,
è stanco dell'eurocentrismo e del nordamericocentrismo
(ma si spera che non gli sfugga quanto in Italia e in Europa,
la musica degli Stati Uniti, forse la più innovativa, sia
stata discriminata). Allora cerca spunti nella tradizione araba
cinese, ebraica, gregoriana. Musiche che nonsoffrono , ma potrebbero
anche goderne però...) della mediazione della scrittura.
Cerca spunti, Cipriani, ma solo un pochino, anche nel rock, ed
è l'unica concessione, per ora, alla cultura "extracolta"
metropolitana.
Tutto il ventaglio dei suoi interessi attuali è presente
in un cd appena uscito, Al Nur (Cni). Dove il metodo di
lavoro è quello dell'accoglienza. Le musiche di varia provenienza
non sono pretesti, temi da sviluppare o stravolgere, ma rimangono
in circolo sia testualmente sia nel mezzo di elaborazioni proprie
del compositore.
Non
mi dica, Cipriani, che la sua è una forma di world music...
In genere preferisco sorvolare su questo termine, non molto
felice. Ogni musica ha un rapporto specifico con la terra dove
nasce. Il termine "world music", invece, mette le varie
musiche in rapporto con la globalizzazione e in maniera negativa.
Sembra che voglia esaltare le culture locali, in realtà
dà l'idea di una unità artificiosa, un appiattimento,
un'omologazione.
Magari
qualcuno insinuerà che lei segue una moda.
Di questo non ho proprio paura. A parte il fatto che non
c'è da scandalizzarsi se la world music ha un grosso seguito,
perché racchiude comunque il segno dei tempi, io sono arrivato
al tipo di musica che faccio ora attraverso una riflessione sulla
musica contemporanea, non sulla scia delle iniziative di Peter
Gabriel. Noi della contemporanea abbiamo guardato solo al panorama
eurocolto, al massimo euro-americano colto. Ma la storia della
musica sta diventando la storia delle musiche e noi questo lo
abbiamo sempre ignorato. Abbiamo guardato noi stessi e basta.
E'
in campo "extra-colto" che si verifica in tempi recenti
l'utilizzo su vasta scala delle musiche tradizionali non occidentali.
Vuol dire che questo è un caso di ritardo culturale della
musica contemporanea "colta"?
A dire il vero la musica "colta" ha utilizzato
questi materiali molto prima. Già con Debussy e Bartok,
poi con "Indianische Liederbuch" di Stockhausen, tanto
per fare qualche esempio. Però nella musica contemporanea
questi materiali perdono il loro feeling. Succede anche nella
musica "non colta": ci mettono un ritmo di quattro quarti,
l'elettronica e via...Io no, io lavoro con lo stesso ritmo, la
stessa altezza non temperata delle note. Io dico che gli elementi
musicali delle tradizioni non occidentali cambiano la mia musica
nel momento in cui accolgo musiche che sono fuori dal mio campo
istituzionale, per così dire.
Perché
questi materiali e proprio questi? Non potrebbero essere anche
di origine "colta"?
La musica "colta" è una delle tante possibili.
Per me questo è il momento di apertura, e allora non avrebbe
senso aprirmi a ciò che conosco già. Voglio prendere
questi materiali per allargare la mia grammatica, per metterla
in discussione. Voglio uscire da casa, ora. Poi magari ritornerò,
o meglio: introdurrò nel mio mondo artistico oggetti di
casa mia.
Lei
nelle note introduttive del cd dice: non intervengo, mi faccio
trasformare da quelle musiche extra-occidentali. Ma in qualche
modo lei le trasforma o no? Fino a che punto arriva il suo intervento,
perché di questo si tratta?
Nel cd i procedimenti sono molto vari. Il primo pezzo, Jasmina,
è un arrangiamento puro e semplice di un canto berbero.
In altre parti il materiale viene sbriciolato fino al punto di
non riconoscerlo. Mi muovo fra questi due estremi. C'è
un bilanciamento fra attività e passività. Sto sperimentando
anche questo: il limite del compositore.
Per
caso la sua posizione è analoga a quella di John Cage rispetto
ai suoni? "Lasciate che i suoni si manifestino come sono",
diceva.
Quello è stato un bello stimolo. Ma per Cage era chiaro
che le sue operazioni avvenivano dentro la musica contemporanea,
io non so più nemmeno se la mia musica è "colta"
o no. Il fatto è che è cambiato il concetto di mercato.
Con Internet viene esaltato lo scambio il flusso, l'uso delle
merci. Il confronto culturale nasce anche dalle merci. Non vale
più il discorso di Adorno sull'opposizione alla musica
come merce, un discorso che ha ispirato il lavoro di gran parte
dei compositori contemporanei.
Per non parlare della critica!
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